L’ERS in Emilia-Romagna: stato dell’arte, norme e opportunità
L'edilizia residenziale sociale (ERS) è stata al centro del'seminario organizzato dalla Regione Emilia-Romagna lo scorso 12 dicembre, coordinato da Raffaele Lèlleri (Area Politiche per l'abitare, Regione Emilia-Romagna).
Iole Petrone (Regione Emilia-Romagna) ha ripercorso il quadro normativo nazionale e regionale dell'edilizia residenziale sociale (ERS). Con la riforma del Terzo Settore attuata con l’entrata in vigore del Codice del Terzo settore (D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 e ss.mm.ii.), si assiste ad un ampliamento della dimensione sociale dell’housing grazie ad una nuova impostazione che ammette l’utilizzo degli immobili per destinazioni sociali ulteriori rispetto alla mera finalità abitativa.
Secondo l’art. 5 del Codice: <<Gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale>>. Con la definizione introdotta all’articolo 5 del Codice del Terzo settore (Cts) il social housing esce dal paradigma dell’edilizia residenziale pubblica (ERP) per promuovere azioni «integrate» con un forte impatto sulla comunità e sul territorio. L’alloggio sociale diventa così non solo un’opportunità per rispondere alla fragilità abitativa di nuclei familiari a basso reddito impossibilitati all’acquisto/locazione di un immobile a condizioni di mercato, ma molto di più. La gestione immobiliare per finalità sociale da parte degli enti del Terzo settore mira, infatti, a fornire un piano di servizi integrati tesi a ridurre le disparità sociali nonché a rispondere alle esigenze dei singoli cittadini.
Nel nostro ordinamento sembra difficile assimilare il nostro concetto di “edilizia residenziale sociale” al social housing sviluppatosi in ambito europeo e sperimentato con successo in altri Paesi. Alla luce di queste considerazioni, si può affermare che il concetto di social housing in Italia non ha ancora trovato una piena definizione. È pur vero che, in concreto, vi sono state alcune esperienze significative di social housing ma sono state alquanto isolate e realizzate, per lo più, a livello regionale e locale. Di fronte ad un panorama di norme scarne a livello statale e non più coerente al contesto economico-sociale mutato si auspica quanto prima un intervento normativo a livello statale che possa tener conto dell’evoluzione delle forme dell’abitare di questi ultimi anni.
Serena Maioli, Gianluigi Chiaro, Ambra Lombardi (ART-ER) hanno presentato i primi risultati di una ricerca dedicata sull'edilizia residenziale sociale in Emilia-Romagna, in particolare sul patrimonio destinato alla locazione a canone calmierato, temporaneo o permanente, che comprende anche la Risanamento. L'indagine ha interessato tredici città, tra cui tutti capoluoghi di provincia. Nei comuni campione, esistono in totale 9.481 alloggi in locazione dedicati all'ERS di cui 6.801 ERS privato (cooperative e fondi) e 2.680 ERS pubblico a gestione ACER. Il canone medio è 65 €/mq/anno. Circa il 40% dell’offerta (3.740 alloggi) si trova nel comune di Bologna ed è costituita principalmente da abitazioni di cooperative offerte in godimento ai soci.
In regione vi sono 33 cooperative attive iscritte all'Albo Cooperative Edilizie di Abitazione e Consorzi. Globalmente sono 7.384 alloggi a locazione permanente o assegnazione in godimento con canone medio di 55 €/mq/anno.
Gli alloggi riconducibili a fondi immobiliari in locazione a canone calmierato e concordato sono 909, di cui 689 realizzati e i restanti 200 previsti entro 3-4 anni, con un canone medio di 56 €/mq/anno.
Per stimare la necessità di abitazioni di ERS in Emilia-Romagna è stato analizzato un campione di famiglie in affitto con ISEE superiore a 9.360 € (ipotizzato come limite per poter sostenere un canone di affitto). Le famiglie in affitto senza fabbricati di proprietà sono 64.703, si tratta di famiglie che potrebbero essere interessate all'ERS (sopra i 9.360 € ISEE). Di queste 34.186 (52,84%) nei 13 comuni campione. Se tra queste si considerano solo quelle con incidenza del canone d’affitto superiore al 30%, le famiglie si riducono a 6.638 (sopra i 9.360 € ISEE) pari al fabbisogno di ERS più urgente. Di queste 4.205 (63,35%) si trovano nei 13 comuni campione. I dati globalmente confermano la necessità di un ERS per la parte più bassa della fascia grigia.
Barbara Lepri (Legacoop abitanti) precisa che la cooperazione di abitanti è ancora molto viva e inoltre è proiettata verso l'innovazione e verso nuovi modelli abitativi. Purtroppo mancano le risorse perché in questi anni e in molti degli anni che precedenti non c'è stata una politica della casa con risorse nazionali adeguate a sostenere dei progetti abitativi per l'edilizia residenziale sociale. Per quello che riguarda la cooperazione di abitanti, negli anni ha cambiato denominazione partendo dalla "cooperazione di abitazione" e passando alla "cooperazione di abitanti" perché sono stati messi al centro i bisogni delle persone. Le cooperative devono svolgere anche la manutenzione dei patrimoni in quanto possiedono dei patrimoni degli inizi del Novecento che devono essere conservati per permettere la trasmissione alle generazioni future. Le cooperative di abitanti hanno una morosità bassissima, intorno al 2%, e non solo riguardo ai canoni di godimento ma anche alle spese di gestione. ll vantaggio di una cooperativa a proprietà indivisa, ma in realtà delle cooperative di abitanti in generale e quindi anche di chi vende gli alloggi, è quello di creare una gestione sociale all'interno dei fabbricati che permette anche attraverso il volontariato di ridurre i costi di gestione pur mantenendo perfettamente in manutenzione lo stabile. Lepri richiama un'attività messa in campo negli ultimi anni e che sta dando degli ottimi risultati, ovvero, la partecipazione a gruppi che si occupano di rigenerazione urbana. C'è una forte attenzione alla qualità progettuale e a progettare interventi innovativi e sperimentali: "cerchiamo di lavorare insieme ad altri settori, quindi costruire una filiera che possa tenere insieme anche le cooperative sociali, le cooperative culturali, le cooperative che si occupano di turismo e di attività ricreative".
Secondo Marco Galante (Confcooperative habitat) questa indagine dimostra l'attenzione da parte della Regione rispetto a un tema che non è attenzionato da decenni a livello centrale. "Noi e credo di poter parlare anche per Barbara e per le cooperative della Lega, siamo cresciuti insieme alle politiche abitative della Regione. Tutto quello che abbiamo costruito lo abbiamo costruito nella stagione dell'edilizia economiche popolare dei PEEP che ci ha dato molto ma a cui noi abbiamo restituito molto". Per fare degli investimenti, le cooperative, che sono senza fini di speculazione privata ma non sono del no profit, devono avere un piano economico finanziario che sostenga gli interventi. Quindi da una parte abbiamo una domanda imponente ma insoddisfatta di locazione e dall'altra parte abbiamo degli operatori che sono potenzialmente disponibili a far qualcosa. Oggi manca soprattutto, al di là degli aspetti finanziari, un riappropriarsi da parte degli enti pubblici e delle amministrazioni comunali del proprio ruolo di guida e indirizzo. Non necessariamente occorre avere delle risorse, dei contributi economici. Pensiamo al grande patrimonio pubblico dismesso composto da caserme, scuole, edifici: perché tutto deve andare ad asta pubblica? Dove è scritto che un immobile nel centro storico di una città debba andare ad asta pubblica a chi non fa edilizia? Se l'edilizia sociale è un servizio di interesse economico collettivo, occorre investire risorse anche immobiliari su questa attività.
I dati e i file allegati provengono dal seminario "L’ERS in Emilia-Romagna: stato dell’arte, norme e opportunità”; i materiali completi sono disponibili online.